venerdì 19 agosto 2011

Il nero e il bianco


Man Ray

Certe immagini si impongono.


Una donna con i capelli neri e il volto appoggiato su un tavolo sorregge una scultura africana che ritrae un viso femminile stilizzato.


Non fu facile trovarle un titolo. Il primo, con cui fu pubblicata nel 1926, era Visage de nacre et masque d'ébène (Viso di madreperla e maschera d'ebano), solo più tardi le fu attribuito quello con cui è nota: Noire et blanche ( Nera e bianca).


Un titolo più suggestivo che evoca il contrasto tra la pelle della donna e il nero della maschera africana, che rimanda all'incontro di due culture (l'Africa nera e l'Europa), al gioco poetico degli opposti e, infine, alla tecnica stessa della fotografia. Un titolo più vicino alle idee del fotografo che la eseguì: Man Ray (1890-1976).

Siamo nella Parigi tra le due guerre dove, l'artista americano  è arrivato nel 1921. E' un appassionato di fotografia e vuole promuoverla come espressione artistica a se stante. Gli piace sperimentare nuove tecniche e pratica procedimenti innovativi.
Frequenta la cerchia dei surrealisti parigini da André Bréton a Max Ernst ma sarà anche il ritrattista alla moda di molti degli intellettuali presenti nella Parigi dell'epoca, da Picasso a Matisse a Joyce, a Stravinsky e sarà lui che riprenderà l'ultima immagine di Marcel Proust sul letto di morte.

Anche questa foto è un ritratto, un ritratto in posa, accomodato "ad arte". Tutto è studiato: il volto della modella in primo piano, bianco e liscio, come una scultura di marmo, con gli occhi chiusi e le labbra messe in evidenza dal rossetto, le linee orizzontali del viso e verticali della maschera che contrastano con quelle oblique dell'avambraccio, le ombre nitide che il viso e la maschera proiettano sulla superficie liscia del tavolo.

La donna sembra assorta in una fantasticheria, pare stia sognando e il sonno, o meglio, il sogno è molto importante per i surrealisti: significa libertà e trasgressione, aiuta a sorpassare le barriere, le censure della mente nella veglia e ad accedere direttamente all'inconscio, all'essenziale dei nostri pensieri.


L'ovale perfetto del viso della donna è messo a confronto con l'ovale della maschera africana. C'è un gioco di corrispondenze tra i due visi, tra l'Europa  e  l'Africa: le due figure femminili si avvicinano al di là del tempo e dello spazio.
L'immagine è doppia: ci suggerisce che la donna stia sognando un luogo lontano, esotico e che la maschera rappresenti, in qualche modo, anche l'oggetto del sogno.

La maschera è -come voleva l'estetica surrealista-  anche un oggetto  fuori   contesto, che liberamente associato al volto della donna produce effetti inattesi poetici ed enigmatici. Rimanda all'Africa, all'arte primitiva che i surrealisti amavano perché sovversiva, aliena rispetto alle regole dell'arte occidentale, ma anche ai riti per cui era utilizzata: evoca anch' essa il sogno, la magia, il mistero.

Sappiamo che la modella della foto è una cantante Alice Prin o Kiki de Montparnasse, compagna di Man Ray e anche lei al centro di una fitta rete di rapporti con gli intellettuali e gli artisti parigini da Utrillo a Jean Cocteau. Sappiamo che la maschera, di tipo Baoulé , tipica della Costa d'Avorio, proviene forse da una di quelle collezioni d'arte africana che allora erano alla moda. Sappiamo che la foto fu commissionata da una rivista, Vogue.

Possiamo pero' anche ignorare questi dati: quello che conta è la suggestione dell'immagine, la bellezza dei due volti contrapposti, l'idea del positivo e del negativo, del dialogo con la differenza, con l'Altro, del confronto tra la tecnica moderna della fotografia e un 'arte primitiva, ancestrale.


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