venerdì 27 gennaio 2012

SHOAH


“Shoah” è un termine ebraico che significa “annientamento”, “sterminio”.
Esso si riferisce ad una delle più vergognose vicende della storia umana, quando i regimi dittatoriali nazi-fascisti, poco più di sessant’anni fa, stabilirono, attraverso leggi razziali, di far arrestare tutti gli Ebrei e di rinchiuderli nei campi di lavoro forzato e di sterminio, per eliminare del tutto la loro “razza”, ritenuta inferiore.
La stessa sorte toccò agli zingari, agli slavi, agli handicappati, ai neri, e a tutti coloro che, secondo i nazisti e i fascisti, non appartenevano alla razza bianca ariana, considerata superiore e pura.
Oggi a noi può sembrare impossibile e incredibile che possano essere successi quei fatti e che donne, uomini e bambini di un intero popolo siano stati perseguitati, torturati e uccisi nei campi di concentramento e nelle camere a gas: ma è tutto tragicamente vero e ogni uomo appena ragionevole si vergogna ancora oggi di quello che successe.
E non dobbiamo pensare che i nazisti e i fascisti fossero tutti dei pazzi: sarebbe troppo facile liquidare lo sterminio accusando uno o due pazzi responsabili. I loro capi erano persone istruite e di normale intelligenza: sapevano quello che avevano deciso di fare. Lo sapeva Hitler e chi stava al suo fianco, lo sapeva Mussolini e il re d’Italia che firmarono le leggi razziali per perseguitare gli Ebrei italiani. Lo sapevano tutti coloro che obbedirono a quelle leggi sbagliate e crudeli.
Il “GIORNO DELLA MEMORIA” che viene celebrato ogni 27 gennaio, nella nazione e nelle scuole, serve proprio a non dimenticare le sofferenze di allora, per saper scegliere di evitare nuove sofferenze oggi, ad altri popoli e ad altre persone, in qualsiasi parte del mondo.
Ma la strada verso la giustizia e la pace è ancora lunga: basta guardare a quante guerre e persecuzioni sono ancora in atto in ogni continente del mondo. Occorre proprio l’impegno di tutti noi.
Disse Primo Levi a proposito di Anna Frank:
“Una singola Anne Frank detta più commozione delle miriadi che soffrirono come lei, la cui immagine è rimasta nell’ombra. Forse è necessario che sia così; se dovessimo e potessimo soffrire le sofferenze di tutti, non potremmo vivere”.



  

 





SE QUESTO E’ UN UOMO 
Primo Levi
«Voi che vivete sicuri 
Nelle vostre tiepide case, 
Voi che trovate tornando a sera 
Il cibo caldo e visi amici: 
Considerate se questo è un uomo 
Che lavora nel fango 
Che non conosce pace 
Che lotta per mezzo pane 
Che muore per un sì o per un no. 
Considerate se questa è una donna, 
Senza capelli e senza nome 
Senza più forza di ricordare 
Vuoti gli occhi e freddo il grembo 
Come una rana d’inverno. 
Meditate che questo è stato: 
Vi comando queste parole. 
Scolpitele nel vostro cuore 
Stando in casa andando per via, 
Coricandovi, alzandovi; 
Ripetetele ai vostri figli. 
O vi si sfaccia la casa, 
La malattia vi impedisca, 
I vostri nati torcano il viso da voi». 
 







C’E’ UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE Joyce Lussu 
C’è un paio di scarpette rosse 
numero ventiquattro 
quasi nuove: 
sulla suola interna si vede ancora
la marca di fabbrica 
c’è un paio di scarpette rosse 
in cima a un mucchio di scarpette infantili 
a Buchenwald 
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi 
di ciocche nere e castane 
a Buchenwald 
servivano a far coperte per soldati 
non si sprecava nulla 
e i bimbi li spogliavano e li radevano 
prima di spingerli nelle camere a gas 
c’è un paio di scarpette rosse per la domenica 
a Buchenwald 
erano di un bambino di tre anni e mezzo 
chi sa di che colore erano gli occhi 
bruciati nei forni 
ma il suo pianto lo possiamo immaginare 
si sa come piangono i bambini 
anche i suoi piedini 
li possiamo immaginare 
scarpa numero ventiquattro 
per l’eternità 
perchè i piedini dei bambini morti 
non crescono 
c’è un paio di scarpette rosse 
a Buchenwald 
quasi nuove 
perchè i piedini dei bambini morti 
non consumano le suole. 





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